mercoledì 1 febbraio 2017

DUE PAESI, NESSUN ANIMA

La mia vita a questo punto medio della vita, si tende più che tra emisferi e volte celesti, tra due paeselli, due villaggi e tuttavia senza appartenere né più all'uno, né mai all'altro.
Eccoli, Rocca di Mezzo, uguale a com'era nel 1950, il paese dove sono nati i miei e tutti quelli, pee secoli prima di me, ma NON-IO.
E Kathonzweni, inKenya che guardo come dal satellite del 2050, non io più..
Riesco però a immaginare una misericordia del mio destino. PEnso alle mie spoglie seppellite e dico: dove? in quel piccolo paese, in quel villaggio di paese o in quell’altro posto, lontano in Africa?.
Forse quest’ultimo, se m’ immagino dar cura a persone oggi bambine e seminare il mondo coniugato al futuro.
un sogno. Sarò assolto?
Anche se questo futuro appare più remoto del mio passato inventato, quello paesano, oggi che il mio come tanti altri paeselli, ha lostesso rpesente di altri sgretolati, che se ne crollano per terremoti o incuria, o l’abbandono. Abbandonologia, la scienza nostalgica che più somiglia alla poesia.
Se ne crollano perché le pietre sono esauste, private di trutto, di una manutenzione impossibile oggi che siamo tutti altrove e si è pure costruito in modo irresponsabile.
Io vado allora lontano, vado in Africa, fuggo forse, ma vado a salvare l'anima mia lontano dai crolli non voluti, i crolli di questo secolo che mi è crollato addosso, franando anche il seguente e da principio in un grattacielo che qu on sarà mai.
però mi rendo conto che mi pesa misurare un ' appartenenza di radici a questo mio ( o forse ancora nostro?) paesaggio italiano. Penso di potermi sentire liberato se taglio via dalle ossessioni anche la prima delle mie, che fu per tanto tempo quella: le radici.
Liberarsi allora dalle radici a corpo libero, con un'acrobazia che salta sopra il secolo dei secoli. Seculaseculorum.
Non c’è nessun ingresso, nessuna culla e in nessun dove, semmai soltanto deiezione.
E via dal secolo dei secoli io che vengo partorito a questo punto della storia, da me come Pionocchio, ma nell’inutilità più acida.
E come fossi uno sputo nel cadere a terra, dentro al fango, mi rifacessi adamo, o golem o pupazzo.
Aspiro ad essere liberato, liberato senza padroni dove tutto era sfinito, polvere, crudeltà , rovina malmostosa, dove tutto era crollato, lì vedo abitare il fantasma di una vita che cerca uscita, la cerca di nuovo in una vita, ri-uscita.
Ora non ho più case: me ne sto liberando, se posso, non le abito, le vendo. Né paesello, né Roma, ne tanto meno ne avrò in qualche remoto villaggetto.
Così non mi rimane che imbarcarmi nel mio corpo, dove sono. Come una barca è la mia casa aperta al mare, scrivo per riempire il vuoto in cui non appartengo più, non ho più rive.
Non un paesaggio, semmai solo un passaggio: hai posto? dove vai? mi aggiungi?
Oppure un passaggio da percorrere a piedi, un cammino, e tutti i cammini con cui ci si sposta per cercare il mondo. L'unico globalizzato è il pellegrino, che abita da solo il suo cammino-
E tuttavia perché due villaggi? sistole e diastole del mio sangue reso nomade dalla sconfitta della storia - no melgio: di UNA storia, la mia e di quelli come me, della mia schiatta.
Eravamo figli del popolo e per la prima volta usciti dall'anonimato di una plebe illetterata e millenaria, s'è olato con Gagarin, un breve sogno e un secolo più breve nacora, e adesso che ne siamo? ragazze e ragazze interrotti, quasi morti.
noi siamo ognuno un'incompiuta che vuole passare alla storia ma non siamo né Michelangelo néSchubert..del resto nessuna illusione siamo e saremo soli ovunque, in una megalopoli come in un paese. quello che vorrei diventare e non lo siamo.
Comunità repressa, inconfessata, meglio essere allora spiantato eppure rampicante, viaggiare come un seme, lasciare questa incognita, lasciare questo inconsistente e irresponsabile “crescere mai” dell'Occidente (se non morire) per abbraciare meglio un “crescere ovunque”.Ovunqesei, ovunque mi protegga.
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del resto se c'è una cosa viaggia da sempre quelli sono i semi. Saremo anche noi una condizione umana “a tempo “ come scrive Franco Arminio dei paeselli, in questo lasso tra la fissità dei secoli, ormai persa e la scomparsa, nel futuro. Per ora una stagione e un'agonia, anomala e anch'essa di passaggio. E noi con loro
rocca di mezzo allora sparirà e sarà assorbito da un mega conglomerato laziale diffuso e antropologicamente già oggi non c'è più nessuna differenza tra cittadini e paesani ; lo stesso accadrà con Kathonzweni, sarà assorbito in un'immensa Nairobi che occuperà tutto il Kenya..
durerà invece questa condizione sospesa d'essere mondadi-paeselli, d'essere fragili in uno sciame fragile e volubile, finché saremo vivi finche ci sarà dato misurare lo spazio fin dove arrivail nsotro naso. E niente balle.
Del resto è normale tutto il tempo è stato breve e veloce come il passaggio dalla lentissima civiltà contadina di secoli a quella moderna che nel giro di 100 anni è diventata liquida, dissolta, post moderna.
Tutto è sciame postumo di una trasformazione che ci disorienta, ma più per la fine di un'appartenenza (dadove veniamo? da un opaca glassa, un indistinto luogo comune ) che non abbiamo più - più che per un destino che non sappiamo cosa, e non è tanto spaventoso, perché non lo vediamo.
Andiamo tutti verso una città invisibile. Anche se di poche case.
Il Milione, chi lo scriverà?
Sono disperso. ma quando è cominciata la perdanza?
quando è cominciato questo grido che somiglia a una frenata allì improvviso, a cui fa seguito la lenta e muta evacuazione...
da quando questo terremoto continuo, il bradisismo dello spopolamento in animus, prim'ancora che quello reale
E perché nel mondo del 21º secolo crolla la bellezza?
Abitiamo tutte le reti come le vie della seta come le vie dei canti come cammini che si possono fare anche da fermo .
Da fermo si abita una espropriazione molto più drammatica del nomadismo perché stai “in loco” e al tempo stesso non hai più un “ posto dove stare” “ un posto nel mondo” - non è un caso che quell'esperienza di quel sentire comune l'abbia capita uno scrittore-antenna (non siate snob) come Fabio Volo - il suo libro più venduto - anche lui nel percorso tra provincia e città poi spostato a new York.
E si continua ad evocarlo, quel sogno, nello spostamento che tutti viviamo - nonostante le barriere di Trump May o chi altri: erasmus, emigrazione a londra, migrazione dal mediterraneo, dal sudamerica, verso l’america, dalla Cina e verso l’australia, verso israele, verso altrove.
spostamento liquido, Primo tra tutti, quello d'acqua. Mediterraneo attraversato dai barconi. All’opposto c’è il mio stato liquido di lusso, morale non materiale.
nell'immenso, è il mio liquido seminale disperso che m'illumina di niente..
. Il terremoto mi ha reso più instabile - lo dico io, che di quel “ sentimento delle case” avevo fatto tutta una poetica. L’ho messa in vendita la mia casa vera, nei giorni del terremoto e della neve e dopo mesi in cui la Terra ha continuato a tremare..
nel suo boato sordo la mia unica patria dunque diventa questo scampolo di carne che mi resta da vivere prima che anche il mio stesso corpo crolli e con questa creatura fare passi, insieme : pochi o milioni pochi passi che compiono i tratti brevi dei miei soggiorni in Africa e in quelli lunghi in cui mi vedo e mi sento come in passato e come nel presente con le persone che conosco, da sempre, da tantissimo, perché so che saranno sempre in cammino con me.
Siiamo tutti creature inattuali come i vecchi contadini o come i bambini del Kenya. E tutti abitano il villaggio: il mio paesello che sta morendo il villaggio africano ancora tutto da nascere e tutti e due - i vecchi e questi bambini del futuro - abitano campagne, una di un passato che muore l'altro di un futuro che deve ancora nascere
io fermo o agitato raccolgono lo spegnersi che cerco di attizzare e un futuro non ancora nato con cui curo il mio “ non essere mai nato” e il mio sparire, il mio restare insieme e diventare sciame, energia di una trasformazione..
allora due paesi sono i miei, e non sono i miei, perché i paesi stanno in questa sospensione -
e poi sono belli inattuali unici come i fantasmi e come fantasmi continuano a vivere contemporaneamente nel passato e nel futuro, gli unici a poterlo fare.
E come me sono invisibili, gli unici a poterlo essere.

"Ho paura torero" di Pedro Lemebel (MArcos y Marcos) Variazioni "Camp" nella militanza politica

 Ho letto ”Ho paura torero”, romanzo del 2001 di Pedro Lemebel (tradotto nel 2011 da Giuseppe Mainolfi e edito da Marcos y Marcos) per curio...