giovedì 20 novembre 2025

CECCHINI E TURISTI DELLA MORTE A SARAJEVO. Una poesia di trent'anni fa e qualche ricordo

 


Tra i cecchini che sparavano a Sarajevo dalle colline uccidendo a caso negli anni della guerra in Bosnia c'erano dei "turisti della morte" persone ricche che pagavano per uccidere, come in "safari della morte". E c'erano, secondo testimonianze - già di qualche anno fa e riproposte in un documentario recente - anche degli italiani.

Ora la procura di Milano indaga su questa possibilità, appunto che alcuni civili italiani abbiano sparato per divertimento contro gli abitanti della capitale bosniaca durante l’assedio tra il 1992 e il 1996.
IN quegli anni io lavoravo a Italia Radio e conducevo una trasmissione del mattino oltre che occuparmi di libri.
Essendo legati all'Unità e al PArtito Democratico, attingevamo ai loro corrispondenti e tra questi Adriano Sofri che fu corrispondente per il quotidiano L'Unità tra il 1993 e il 1995 (nel libro "Lo specchio di Sarajevo" è raccolta quell'esperienza). Non dimenticherò mai alcuni collegamenti in diretta, tra cui uno in cui piansi, dietro il microfono, dopo uno dei due attentati al mercato di Markale, che Sofri testimoniò poco dopo l'esplosione.

L'altro aspetto che colpiva erano i cecchini, era già questo "realismo assurdo" anche se non nuovo nelle guerre - dalla prma guerra mondiale e chi non ricorda la morte assurda in una giornata in cui non succede niente, del romanzo di Eric Maria Remarque?

Ma dalla guerra al turismo per uccidere è l'ingresso in una dimensione su cui - ho usato la categoria dell'assurdo apposta - indaghiamo con ciò che di più profondo abbiamo, l'arte, da un secolo. L'episodio che fa virare Samuel Beckett verso questa poetica e il teatro che sarà definito dall'aggettivo "assurdo" è un accoltellamento casuale per strada da aprte di un senza dimora, che fu rintracciato e che Beckett volle incontrare per sapere il perché e quello rispose, pare, "non lo so".

Sui cecchini di Sarajevo, anche se militari già presenza dell'assurdo, avevo scritto negli anni '90 una poesia. Nella prima edizione in cui è pubblicata conteneva le iniziali di una dedica "a A.S. e E.D.L. " che sentivo in radio e che leggevo da Sarajevo (l'altro è Erri De Luca

Cnservo la memoria dell'assurdo di tutte le guerre, forse anche genealogiche, se penso che mio nonno era stato esposto ai cecchini sul Carso nella Grande Guerra. MA onservo come un dono della vita aver raccolto quei racconti orali della radio da due grandi scrittori.

1,
Per oggi aloni di ammazzati, rimasti ognuno
con la distanza scritta dentro gli occhi
disegnano misero l'oriente delle foreste nude
e i solchi ovunque in aria, a terra tra le fosse, terra
ormai superflua vista in cielo, solo sfondo tra le mani
dei colonnelli d’aeronautica; oggi soltanto piove fuoco
e l’urto di pressione provocherà mal tempo,
mentre la terra si ritrae nel grigio
costretta nel mirino. Di là c'è la fontana
ma il pericolo sarà la grandine di piombo, il fumo delle case.
C'è un uomo con la tanica e solo la sua corsa.
il bollettino è incerto, povero Bernacca,
ecco le tue correnti dai Balcani, nel gelo che si nega
sull’Europa, mio caro colonnello.
domani che sarà? La febbre che si scioglie via dal corpo,
scossa di piuma soffiata, sciame di gocce immobili, domani
che sarà domani, occhio di belva, che sarà,
questa mia vita che sarà? Nella provvista d'acqua
si annuncia solo un passo, mille formiche pazze
e solo una promessa di bersaglio, che sarà .

2.
Come nulla si vede guardando nei tombini
aperti, così cade la vista verso il vuoto,
fuori-campo; sulla cartina Sarajevo è già l’oriente
muto, ma l’emergenza ha invece un suono,
del mondo-shock e inciso obliquo ha tutto
il farfallìo di piccoli bracieri, la fede in nulla
che sia lontano dalla strada e a questo brivido
si arrende; e nella piazza vuota al cielo
lo sguardo asciutto, lontano dai suoi liquidi, dal corpo,
dalle geminazioni e già-marcite
provviste quotidiane, misura nell’ orario
gli anni che non sono stati e il giorno livido
che va da un’alba all’altra, uguale.
Guardo luci a intervalli e penso al viaggio
quello migliore, quello di sola andata,
ma dalla fontana stavolta si ritorna.
3.
(c’è un fiume di fanghiglia, pesantissima,
sommerge, vive e soffoca, nei giorni e anni dopo
arriva nella piazza, è sporca e viva, perché è la melma
degli incendi, si raccoglie come l’acqua passiva nelle conche
tutto raccoglie e sopravvive, cresce tra muffe, bava di batteri
scura della calma, della traccia di una veglia infinita dei cecchini
che aspettano di scoprire da lontano quanto il mondo sarà piccolo.)

(clima sull’Europa, 1992, Correnti dei Balcani)

LA poesia l'ho ripubblicata in "corpi Solubili" del 2023, che chiude un ciclo, Un'era, come dicono i climatologi, le epoche climatiche hanno cicli di trent'anni. LA Storia sta avendo ora gli stessi andamenti del clima, difficilmente prevedibili o forse previsti, a ben leggerla o ricordarla.

A questa poesa ripubblicata ho fatto seguire una nota, che metto alal fine, per spiegare qualceh citazione oggi criptica, in cui tral e altrecose cito la foto di Mario Boccia che ho messo in alto. "La ragazza che corre" si intitolava. Correva dopo aver rimediato qualcosa da mangiare, per sfuggire ai cecchini o ai proiettili sparati dall'artiglieria, magari proprio in un giorno in cui non succedevana "niente di nuovo sul fronte". La foto è bella, è tragica. (anche io guardo la ragazza, aveva qualche anno meno di me, sarà viva? chissà).
Il fotografo raccomtò dopo di essersi sentito "uno sciacallo" (il teleobiettivo accumuna tragicamente cecchini e fotografi e ci parla della responsabilità delle immagini, pure necessarie).

Nota alla poesia

Poesia scritta molti anni fa, durante la Guerra dei Balcani, ispirata dai racconti di Adriano Sofri, Erri de Luca e altri, che ricevevo durante il mio lavoro radiofonico a italia Radio, da Sarajevo, in collegamento telefonico. Era in particolare il periodo tra il 1992 e il 1994. La poesia è stata pubblicata quindici anni dopo, nel 2007 in “Le ore impossibili”. torna, trenta anni dopo, co locata, con lievissime differenze, anch’essa come le prime due in apertura di libro, come scheggia, come traccia di una geologia testuale che si riconnette ad una storica, geologia o climatologia, epoche di progressivo straniamento, turbolenze, sempre come sempre. Scheggia di memoria è anche la citazione del colonnello Edmondo Bernacca
de l’Aeronautica Militare che, per decenni, dal 1957 al 1979 condusse la trasmissione quotidiana de le “Previsioni del tempo” su le reti Rai. tra le sue espressioni, per spiegare alcuni freddi invernali, c’era
anche le “correnti dai Balcani” responsabile de l’abbassamento de le temperature. Sarebbe morto in quel periodo, il 15 settembre 1993. Pochi giorni dopo, il 30 settembre, il fotoreporter Mario Boccia
scatta a Sarajevo una fotografia divenuta iconica “La ragazza che corre”. Gli abitanti della città erano costretti a muoversi di corsa per ogni attività elementare come procurarsi cibo o acqua alle fontane a causa dei cecchini che sparavano dalle colline.
Bernacca, morto da Generale, non vedrà la sua Aeronautica Militare italiana di supporto, pochi anni dopo,
nell’operazione Allied Force, la campagna di attacchi aerei portata avanti dalla NATO per oltre due mesi contro la Repubblica Federale di Jugoslavia di Slobodan Milošević, con l’intento di ricondurre la delegazione serba al tavolo delle trattative. Anche qui, il futuro che ne è seguito, nei giorni di altre guerre in Europa, ci restituiscono il senso delle stagioni della Storia.

CECCHINI E TURISTI DELLA MORTE A SARAJEVO. Una poesia di trent'anni fa e qualche ricordo

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