mercoledì 9 maggio 2018

GUILLERMO ARRIAGA "Il selvaggio" (Bompiani)

Guillermo Arriaga Lo conosciamo come autore delle sceneggature dei tre fil detti "Trilogia sulla morte" del regista Alejandro González Iñárritu: (Amores perros, 21 grammi e Babel) quella rafinata tecnica narrativa e il saper mescolare durezza delle vite, violenza, amore, raffinata poesia meditativa lo si trova anche nelal sua narativa, compreso questo ultimo "Il selvaggio"
È una storia che ci riporta in Messico, Alla fine degli anni 60. Arriaga ci mette molto del suo mondo, dei posti e delle persone con qui è cresciuto...
Città del Messico, un barrio popolare, dove si mescolante storie, intrecciate nei vicoli e con i ragazzi che vivono sopra i tetti saltando da un palazzo all’altro….
Fin dalla prima infanzia Juan Guillermo sa di che sangue è fatto: un sangue che già sa di morte e di battaglia, sangue che più volte perderà da abbondanti ferite, sangue che dovrà pulire appena nato e dopo con molti generosi donatori, sangue che lo abiterà e con esso persone, fantasmi, primo tra tutti il fratello..la battaglia di sopravvivenza fu quella fatta tra lui e un fratello gemello nato morto: i due hanno lottato per la conquista dell’unico spazio disponibile – e ha vinto Juan Guillermo, anche se tutta la famiglia ne sarebbe uscita devastata e Guillermo avrebbe vissuto per molto tempo in una stanza con due culle, e Juan Josè - aveva già pronto un nome - sarebbe esistito e non esistito, un’ombra di morte nella sua anima. La prima di tante.
Guillermo ha invece nell'altro fartello più Carlos, un punto di riferimento. Carlos - come il padre e cpome il fratello più piccolo, adora i libri, la musica rock, è curioso intelligente, a scuola è un ribelle. Il barrio fa sentire le sue leggi anche se il suo branco è di ragazzi di cuore, leali. E però bisogna rimediare anche un po di Pesos, che non ce ne sono, poi siamo alla fine degli anni 60 e si comincia a "viaggiare" con le droge - si fanno Trip e così Carlos lascia il suo allevamento di Cincillà sui tetti e si dedica con amici fidati in un business, insieme con l’espatriato Sean, ad un business che va nel senso contrario di que lche conosciamo: importare droga dall’America. La droga a quei tempi non era ancora - o non solo - la droga dei narcos e la cocaina, ma era sinonimo di libertà, certo anarchica. Ed eccoli a farsi la loro piccola piazza di spaccio di LSD..
ma c’è la polizia, più corrotta che efficace, c’è anche un branco di esaltati cattolici che si riveleranno una sorta di mix tra Drughi di Arancia Meccanica e talebani, pronti a uccidere i diversi a freddo, nel nome di dio. E i destini del quartiere si incrociano. Morità Carlos e poi distrutti dal dolore, moriranno anche i genitori, non molto tempo dopo. NEssuno spoile: scoprirete questo a pagina e del romanzo.
Ma la bravura di Arriaga è poi di portarvi in un turbillon di narrazione..
Guillermo rimane solo. La morte lo divora e lui la combatte, prede con sé un cane dei vicini, loro lo vogliono abbattere, lui è stanco di morti, anche se è troppo feroce, un cane lupo all’apparenza. In realtà è un lupo, lo prende con sé, lo chiamerà Colmillo in onore di Jack London, sarà il suo dio, da assoggettare in servo, da domare.
A fargli compagnia, Chelo, una ragazza che ha molte ferite e che ama la vita, della vita ama anche il sesso, molto è più grande di Guillermo è anche più libera. Pian piano verrò a galla anche il giro di affari del fratello, grazie agli amici leali, e il pensiero di Guillermo è per la vendetta.
Da qui parte la sua caccia. E la caccia è un tema importantissimo, nel libro tanto che c’è un romanzo-gemello nel libro, ma stavolta va a cercare un abbraccio dopo tante pagine. Dal principio in questa storia parallela troviamo nel nord del Canada Amaruq a caccia di un lupo maestoso e feroce, NUJUAQTUTUQ, che nella lingua Inuit significa proprio “il selvaggio”… la storia di questo inseguimento, di come finirà l’inseguimento di Amaruq e inizierà quello di un gringo e dove porterà tutta questa storia, lo scoprirà il lettore.
così c0me scoprirà in che modo, anche questo avventurosa, Guillermo cercherà di vincere i suoi fantasmi, di domare il ruggito dei suoi lutti così’ come tenterà di domare il lupo Colmillo, di come si vendicherà e al tempo stesso sarà una vendetta verso il destino più che verso gli uomini, perché il destino è come la foresta, lo si accetta, ma la vera arte è sopravvivere.
Questo è un romanzo in cui il tema del selvaggio investe anche la sua forma. Cresce rigoglioso, intreccia narrazioni, microstorie tanti personaggi, è irruento. Nel tenere le due storie usa una tecnica di fusione e non di alternanza tra i capitoli, inserisce lacerti di leggende sui morti e notazioni di antropologia, quasi per sottolineare che il racconto del mito non è solo quello antico che si rinnova, ma la mitologia è ancora possibile nelle strade del nostro tempo…
E’ esperienza epica di narrazione, quasi una narrazione selvaggia, nel suo procedere e per spezzoni per quadri per incastri, con un montaggio – come del resto abbiamo conosciuto Arriaga per gli incastri delle storie dei film con Ignarritu, che avevano nella forza narrativa uno dei punti più importanti… (e qui torna il tema del cane, dell’animale e la sua forza vitale). Il doppio romanzo è esso stesso traccia di un tema del gemellare e del doppio ricorrente.
Un altro dei punti più importanti e la lotta contro la morte, la sconfitta della morte, attraverso l’amore incondizionato – e quindi nella memoria… nonostante nella vita di Guillermo arrivi tanta morte della più terribile il fratello ucciso i genitori morti arriva in realtà anche una di sfidare questa morte di sfidarla come fosse una bestia vorrebbe ucciderci anche se la bestia – ce lo insegnava anche Caproni nel “Conte di Kevenhuller” siamo noi. E naturalmente Dio, un Dio nascosto e selvaggio che non sembra seguire una logica quando dispone le sue volontà.
Da cui la “caccia” di Guillermo sarà una catena del domino, nell’innescare un piano che lo metterà in salvo e al tempo stesso sarà la sa rivincita.
Azione e reazione, come anche nell’idea di Jung, sono i due gemelli che dominano la nostra vita, sono fratelli, ma sono anche il cacciatore e la bestia. Così come la Natura che sembra catturarci e la libertà che dobbiamo conquistare, quando, vinta la bestia, scopriamo che abbiamo sconfitto la bestia se abbiamo salvato la nostra libertà dalla sua natura.. libertà dalla morte, libertà dai fantasmi e anche dalla necessità – la natura non è solo caso è necessità – di dover lottare per vivere

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