venerdì 24 marzo 2017

TERESA CIABATTI "La più amata" - Mondadori

Di tutti i Misteri d’Italia, quello che certamente ha più condizionato la distorta crescita sociale del nostro paese amorale e anormale è certamente l’ottusa resistenza del collante famigliare. Di questo già ne hanno scritto storici e sociologi, ma è nelle opere di racconto che possiamo vederne verità incarnata. Ultimo tra queste, il romanzo di Teresa Ciabatti “la più amata” /Mondadori, che aveva la possibilità interessante ma abbastanza occasione mancata,  proprio di mettere in connessione la storia personale della propria famiglia con quei misteri.

 Teresa Ciabatti in quella “infinita conversazione” della patrie lettere che sta diventando l’open space dei social network ci già scherzato/detto seriamente che il suo libro "non intendeva risolver il mistero della P2"  – Licio Gelli fu amico di Lorenzo Ciabatti, padre della protagonista/scrittrice (?).
 Non potendo fare altrimenti, visto che le vicende sono vere, o almeno così dichiarato con quel neo-patto narrativo che sta avvolgendo nella sua interessante novità da un paio di decenni soprattutto il romanzo latino-europeo: LA SOSPENSIONE DELLA FINZIONE.

Al lettore del libro di Teresa Ciabatti viene chiesto di credere che tutto ciò che si racconta è vero, e che la più amata, la protagonista e narratrice della storia, si chiama Teresa Ciabatti come l’autrice-  e come tutti.
“La più amata” è dunque lei, la figlia, termine ultimo di una vicenda di buddenbrook grossetani e che a mio avviso ha una chiave interessante proprio se letta in quella prospettiva (esagero) alla Lucarelli.
Nessuno si senta escluso, tanto meno Teresa Ciabatti.

Il romanzo di Teresa Ciabatti si muove seguendo le orme della storia di Teresa Ciabatti, fin prima della sua nascita – e fin prima della narrazione, con una dedica che comunque la pensiate, fa di questo romanzo un ‘elegia amorosa e (apparentemente) colpevole “a mio padre” – del resto amore e colpa – e sensi di colpa – sono anime gemelle –

Alla fine infatti c'è anche la ricostruzione di tutti i fallimenti sentimentali con gli uomini di Teresa Ciabatti raccontati da Teresa Ciabatti (vedi elenco di nomi propri  che come 12 tacche fanno prefigurare i prossimi 12 romanzi d’amore che Teresa Ciabatti scriverà ma sotto falso nome, per arrotondare nel caso non dovesse vincere  il premio Strega come sembra sia in realtà già scritto – Lo Strega,  uno dei tanti misteri d’Italia su cui nessuno si azzarda a scrivere un romanzo di autofinzione, meglio scrivere un romanzo in cui si confessa che la mamma uccideva i gattini, piuttostoche.

 Tornando ai natali della più amata, la vicenda narrata e un po’ romanzata forse, si svolge tra due case e due polarità, due linee narrative e due parti che formano il romanzo, che emergono in fasi diverse anche se in qualche modo scorrono parallele. LA prima linea, più sullo sfondo fino a tre quarti del libro, è quella materna di Francesca Fabiani, legata alla dei Parioli acquistata dalla nonna di Teresa Ciabatti e rimasta lì sospesa per molto tempo e poi riutilizzata quando la famiglia si sfalderà per il divorzio. La seconda linea che è quella paterna, il piccolo regno dei Ciabatti, famiglia che si arricchisce in quel di Grosseto con l’estensione del domino sulle case che culminano nella costruzione post matrimonio tra il potente primario di provincia Lorenzo e la fascinosa e cittadina giovane dottoressa Francesca, della grande villa di Orbetello che domina il mare ed è pari per bellezza e potenza a quella degli Agnelli poco distante.

Perché però secondome di questo libro la cosa interessante è concentrarsi sui misteri d’Italia? Perché per quelli la parte integrante è proprio la vicenda narrata da questo romanzo che per questo dovrebbe avere un incipit così: “Sono la più colpevole, come tutti”.

E’ interessante poi l’architettura autofiction: a questo punto non è solo una posizione dello scrittore, morale e finzionale insieme, ma sta diventando un meta-genere, per cui si costruisce come un puzzle con parti del romanzo stesso. CIabatti imita Siti, inevitabilmente, anche non intenzionalemente.

 Qui mi piace sottolineare per esempio come la figura mitologia del Dott. Lorenzo Ciabatti si costruisca sulle bugie, o meglio sulla versione “romanzata “del suo soggiorno professionale negli Stati Uniti. E questo mistero-ciabatti ci impiegherà decenni ad essere svelato completamente – come tante altre magagne paterne – in parallelo con quelle storiche – e solo “Resistere non serve a niente” di Walter Siti (che però dialoga con l'autrice spesso di recente) ha fuso autofiction e storia recente, quella economica.
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(PARENTESI SULL'AUTOFICTION)

Il romanzo di Teresa Ciabatti è nel solco ormai di un genere -e guarda caso il più importante scrittore dell'autofiction italiana ora se ne è sottratto. la cosa però interessante di questo "dispositivo-narrativo" è  il fatto di non essere un oggetto letterario, ma una sorta di operazione alla Sophie Calle involontaria, attraverso il continuo rimpallo della "verità autobiografica" - che è cosa ben diversa dell'autofictione - che Teresa Ciabatti ha praticato con Facebook (dove invece aveva prima del romanzo creato un suo personaggio "persona cattiva"). Una volta pubblicato un libro di auto-fiction sarebbe stato meglio stare nel vago come spesso ha fatto Siti, invece l'errore - o forse l gioco interessante, come una performance artistica diffusa, una "body-self-literature" - è stato parlare moltissimo di sé e della propria biografia, pubblicare le foto dell'infanzia felice di Teresa Ciabatti persona, non personaggio, ma poi parlando di suo padre è arrivato a definirlo in radio  il "personaggio-mio padre " in realtà stava propri parlando del Lorenzo Ciabatti extratesto. Ora forse è vero che questa sottile distinzione del "testuale" sia roba antica e inutile, di noi fessi che abbiamo studiato Greimas, Barthes, ecc i maledetti francesi.Ma lo specifico letterario e lo specifico testuale devono continuare a essere il presupposto per un giudizio sui libri, che sono l'oggetto del nostro giudizio - anche il giudizio psicologico e storico passa per come il testo è fatto. Ora però il testo è continuamente sollecitato - il suo autore, dall'esposizione narcisista o finzionale su Facebook - non tutti, ma molti - tanto da non poterlo non considerare ormai parte integrande di una "soglia" del testo coe come il mare mangia le spiagge, mangia sempre più il testo, così come la presenza promozionale dell'autore, mette i ombra il valore del testo in sé.
Ma questi son discorsi lunghi, ma hanno un peso nel giudizio di un libro, in questo caso incompiuto, un po' mancato
e a mia avviso è un progetto che viene da lontano basta vedere questo post del 2014 di Ciabatti sul Corriere.it



(FINE PARENTESI)

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 Naturalmente il cuore del libro "La più amata"  è amoroso, è la costruzione e decostruzione della famiglia in quattro atti e capitoli: “Il prescelto”  in cui Lorenzo Ciabatti è narrato nella sua ascesa professionale, famigliare e umana, “la più amata” la gloria e la nascita di Teresa, regina di questo regno di favola, “La reietta” in cui la crepa famigliare si apre a partire da oscuri movimenti di denaro, attraverso il divorzio e la fuga Roma di Francesca e il conseguente strappo dall’infanzia di Teresa e poi “i sopravvissuti” – solo i due figli, dei Ciabatti e nessun altro a chiudere una storia che anche qui a voler essere simbolici in due anni dall’1988 al 1990 precipita come la Storia intorno – muri e mura, città e case, mondi.
Narrando Teresa, il cuore del libro è nel cuore e nell’amore (della figlia verso questo padre) mito poi smontato in modo drammatico e progressivo – senza però distruggere realmente la figura del padre. Perché l’amore è uno specchio che noi costruiamo con l’immagine dell’altro nell’atto di amarci. Tutto ciò che chiamiamo amore è soltanto questa rifrazione ottica monodirezionale.

La più amata è in questo incipit del paragrafo 4 “Io sono la regina, mi rimiro nello specchio”. Ora lo specchio si è rotto e ventisei anni dopo la morte Teresa decide di scoprire chi fosse il padre. L’amore è lo specchio, le storie d’amore sono storie di colpe. L’Italia, invece - a cui papà Lorenzo ha dato il suo contributo rovinoso facendpo il barone, usando il bene publico ocme privato e fiancheggiando stragisti e golpisti - l'Italia,  ancora presa a rimirarsi nel suo specchio,  non ha mai voluto scoprire tutte le colpe dei suoi padri, per questo noi non abbiamo un romanzo storico, ma solo “i promessi sposi” o “la cognizione del dolore” che tuttavia dicono tutto della nostra a-storicità, come per l’oggi che siamo fa Teresa Ciabatti col suo libro aggiungendo i tasselli della sua storia personale. E’ il perdono che ci impedisce il romanzo storico.
E anche questo è alla fine un romanzo del perdono.

Il grande del clinico del grande primario dell'ospedale di Orbetello che è amico di Licio Gelli amico del della gente che compie il golpe Borghese e si colloca in quella area di destra che è stata responsabile di numerosi disastri, anche dell'avvelenamento storico di questo paese bloccato, catturato, dentro questa rete invisibile Nel racconto di questa distorsione narcisistica di Teresa sta il cuore del familismo italiano.

Il racconto di Teresa Ciabatti procede con la variegata, veloce e polifonica ricchezza e velocità che ha il racconto picaro delle commedie all’italiana – non nego sia anche leggero e divertente, agrodolce. E’ ricco di dettagli, colorito, comico, melò, inquietante, borghese – è un romanzo quadrifonico: Padre, Madre, Teresa piccola, Teresa grande – Ciabatti narratrice sa variare continuamente dentro queste voci fino a portarci dentro il mood se non il punto di vista di tutti e quattro.

  LA storia prosegue, Ciabatti si fa primario, Francesca lo sposa nasce Teresa e un fratello del tutto in ombra, tanto è devastante l’io di Teresa, che non si accorge dei segreti e delle bugie presa dall’amore di sé stessa che si regge sul presupposto d’essere la più amata.
l'infanzia felice è in realtà il profluvio del consumismo, l'amore è una relazione transizionale e poi feticista.

 arriva il profluvio di “Barbie, pupazzi, bambole, vestiti” Poi scarpe, il telefono-gatto e gioielli. Di fronte allo specchio cresce la finzione dello sguardo di Teresa: cicciottella, si immagina ballerina- meno meritevole, solo l’intervento amoroso di papà le permetterà di avere la parte migliore al saggio di scuola perché il Professore è intervenuto –e lei lo sa, sa benissimo di non meritare il posto che tuttavia si prende e lo pretende per privilegio di potere non per meriti artistici e da colpevole ne gode.
 
Dove comincia la devastazione morale di questo paese? Questo acme narcisistico della bambina, la coxe stridula che sembra sentire sono parte della commedia  che Ciabatti Teresa sa narrare, ci sono racconti e pagine gustose in questo resoconto che non arriva ad essere romanzo ( i capitoli della crescita difficoltosa di un’adolescente col padre ingombrante e un “crescendo di divieti” ecc)

. Mentre la sua adolescenza brucia per l’autoritarismo di un padre fascista per indole oltre che per ideologia, la madre di Teresa viene messa a dormire per una cura della depressione – anche lei da amata si è ritrovata divorata, da un marito tirchio, prepotente, oscuro, arrogante. Che un giorno, mentre sono a bordo piscina viene sequestrato. E’ il picco di opacità di una vita che si stava svelando diversa da come sembrava all’inizio, mentre tutto precipita: affari, potere, salute del Professore Padre-Padrone e relazione sentimentale. Ci sono  pagine anche belle,  lucide di una luce artificiale come il sole creato negli interni dei quadri di David Hockney (retrospettiva alla tate Modern ora, da vedere) è la luce di un ring, quello della guerra fredda tra padre e madre. Infarti, personaggi oscuri, miliardi investi, fallimenti, divorzi. Dramma borghese. Fuga da Roma, altra vita. L’infanzia dorata di Teresa svenduta per un miliardo nel 1988, la vita a seguire di Teresa squarciata da un’assenza – del padre? Della casa? – irreparabile. E quella svendita con dentro tutto il Tesoro di famiglia – e personale di Teresa giocattoli, vestiti, diari, foto, tutto – ora appartiene  a qualcuno nell’ombra forse a De Michelis o Forlani. Che magari l’hanno comprata coi soldi delle maxi-tangenti che stavano scroccando a mezza Italia, col sistema politico a cui assicurò potere garantito proprio l’amico Gelli, la P2 e Gladio, del Golpe Borghese dello zio musone, Dante Ciabatti. Altro che il Villone di Gonzalo Pirobutirro. Questa villa parla per tutti. La madre tenterà in tutti i modi di investigare, si affiderà al notissimo investigatore privato Tom Ponzi, repubblichino fascista e colluso con gli scandali Montedison, che ovviamente non arriverà a scopre nulla sul camerata Lorenzo.

 Misteri d’Italia. La Guerra fredda nel mondo finisce, ma nel 1989 quella di Lorenzo e Francesca è al climax. E anche il disagio di Teresa, adolescente sempre viziata e ora anche ferita – “un agitarsi di forze scomposte e disperate” a cui Ciabatti dà corpo in una prosa che oscilla come un elettrocardiogramma impazzito. Ne ha viste troppe. L'isteria della bambina che ancora alberga dentro Teresa grande è la parte migliore.

Poi il padre muore, nel 1990.
Cosa ci sia oltre il 90 è solo il breve capitolo autoritratto dei sopravvissuti, lei e il gemello Gianni, personaggio abortito dalla debordante presenza di Teresa (un non persoanaggio che abbiamo scoperto dalle interviste non ha voluto esserci).. E solo ora che vede, capisce la Dissipatio di  L.C. i misteri, le falsità. Non li amava, li ha presi: la madre, poi i figli, emblemi di un potere, non di un amore perché li ha distrutti ben oltre ogni cattiveria – e ora le carte della madre morta lo rivelano. Un patrimonio, un matrimonio, un museo delle cose perdute. Di misteri cono sciolti. “Chi era veramente mio padre?”

A che serve un romanzo? Più che l’analisi a sopravvivere l dolore senza emettere sentenze – cosa devi fare fino in fondo con l’analisi. Lorenzo Ciabatti è colpevole, ma tutto poi resta incompiuto, come Teresa da adulta. Tutto svelto nell’ implacabile capitolo finale, A che serve un romanzo inchiodato alla sola voce bambina? Riscrivere, il romanzo di fa metaromanzo fino agli ultimi momenti della stesura. Inchiodata all’infanzia come l’Italia inchiodata a Piazza Fontana. A che serve un romanzo? a vedere certo Che nello specchio ora Teresa vede sé stessa e forse finalmente qualcosa di più sa del suo più Amato, temuto, ma mai odiato. A cui dedicarlo.

 A che serve un romanzo, A niente, o a gestire il dolore di una verità che non si afferra, ma è lì, davanti a noi,  come la gallina bianca.
 A che serve un romanzo? a raccontare di colpe, ma  non a emettere sentenze. Certo però a squarciare le cose oscure. LE colpe, ecco.
Ma qui nemmeno le colpe ci sono. Già forse si potrebbe dire che in questo libro alla fine  manca l'analisi del romanzo famigliare -  e un serio confronto con questo personaggio da parte della narratrice (letterariamente è come se tutto fosse in abbozzo, tranne la piccola Teresa

 - se poi nella vita Teresa abbia fatto analisi e perdonato suo padre no mi interessa, qui per il materiale che c'era poteva esserci un corpo a corpo più feroce, sublime, complesso - proprio ANCHE per le trame storiche - che non c'è stato, non è stato approfondito, non è stato sviluppato.

Come per tutta la storia d’Italia, di cui come affermato in molte archiviazioni, ricostruzioni storiche, giornalistiche, ora possediamo la verità dei fatti, ma non una verità giudiziaria, Sappiamo chi sono i colpevoli, ma non sappiamo come dirlo. Questo mancato dire, secondo me si riversa nell'incompiutezza alla fine di questo libro, di questa mancata occasione di scrivere un grande romanzo.


(per inciso, se faccio paralleli, uno dei migliori romanzi italiani degli ultimi anni resta "Se consideri le colpe" di Bajani e come quello di GIorgio Falco, "La gemella H - o oggi il libro di Siti, "Bruciare tutto" questo appare molto fragile, seppure avrà il suo pubblico ed è giusto che l'abbia, non tutti riescono a leggere un libro difficile come quello di Siti, ed è giusto creare due canali di valore per i romanzi, un canale letterario, l'altro canale di lettura diffusa dove non è necessario avere una complessità letteraria per libro che intratterranno i lettori senza essere pugni allo stomaco)





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