venerdì 24 giugno 2022

LA POSTA IN GIOCO A KALINIGRAD?





Sta nel cuore di una storia immaginaria di Santa Caterina da Siena e nel teatro, è la mia risposta.
Mi spiego.
Entro nel complesso del LENZ Fondazione Teatro a Parma, un ex fabbrica di scatole per alimenti e conserve, fondata nell’800 dalla Tosi e Rizzoli (quelli delle sardine) e recuperata come archeologia industriale ad uso culturale, mentre ascolto le notizie sulla guerra a Russia -Ucraina, che arrivano dal Baltico, dal porto di Kaliningrad, dove si potrebbe giocare un atto importante, in questa fase, della guerra.
Penso all’Europa e alla guerra e leggendo le note dello spettacolo che sto
Per vedere , capisco il caso mi ha portato in una sorta di “ posto giusto al momento giusto”.
La guerra si appropria nel suo linguaggio giornalistico del lessico della scena: “teatro di guerra” primo tra tutti. Abbiamo poi visto i teatri bombardati. Ma non è solo questo.
Sono qui per vedere l’originale riscrittura, ri-messa in scena di “Catharina Von Siena”, spettacolo storico del 1987 di Lenz Teatro ( ovvero Maria Federica Maestri e Francesco Pititto ) che per il suo nome – oltre che per la sua poetica - si ispirò proprio all’autore di questo dramma incompiuto, che era Jakob Michael Reinhold Lenz.


Di quest’opera, nel personaggio di Santa Caterina che – nella rilettura di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto – utilizza la figura immaginaria di Jackob Lenz per farla diventare l’incarnazione di una liberazione dalla carne, ovvero dalle prigioni mentali e culturali che obbligano ogni corpo ad essere qualcosa, ad avere un’identità predefinita e a comportarsi di conseguenza, vorrei dire meglio a parte, nel blog di Huffington o altrove.
Però mi colpiva questa coincidenza e sovrapposizione spaziotemporale, che mi faceva sentire “ Nel posto giusto, nel momento giusto” perché Jakob Michael Reinhold Lenz, nato in quella che oggi è Lettonia e allora era tutta Prussia, venne a studiare qui proprio a Kaliningrad, che nel 1768, quando Lenz vi si trasferì per studiare teologia, si chiamava Konisberg.
E chi sa qualcosa di filosofia, anche solo per lascito liceale, sa che a Konisberg in quell’anno abitava anche Immanuel Kant, che qui era nato qui morì e mai lasciò la città. Il filosofo insegnava all’università di Konisberg e aveva appena pubblicato saggi di teologia e metafisica (ma non ancora le grandi Critiche) e Lenz divenne suo discepolo e ammiratore.

Lenz poi lasciò Kant e l’università di Konisberg, fece il precettore e viaggiò coi suoi allievi, divenne
discepolo di Goethe Weimar (ancora la storia) e fu tra i massimi esponenti del romanticismo tedesco, noto come Sturm und Drang. Le sue opere furono recuperate anche da Brecht, la sua vita ispirò lo scrittore tedesco Bruchner.
Lenz, genio immaginifico, fu autore nomade e anticipatore della necessità di combattere il militarismo, la prevaricazione patriarcale sulle donne, la difesa degli ultimi e dei marginali, dei santi senza requie.
La città di Konisberg fu distrutta dalla seconda guerra mondiale per un bombardamento inglese e dall’assedio sovietico, per stanare la roccaforte nazista. Fu poi annessa all’Unione Sovietica e cambiò nome in Kaliningrad, per l’appunto quella che leggiamo oggi sui giornali.
La cattedrale con la tomba di Kant abbandonata. Il resto della città, rimasto in piedi, fu raso al suolo da Breznev decenni dopo per cancellare ogni traccia di nazismo (denazificare ancora) ma era un modo che già preludeva la cancellazione dell’ Europa. Dopo la dissoluzione dell’URSS, Kaliningrad rimase come ex-clave russa, ovvero una regione russa ma circondata da repubbliche baltiche (Bielorussia e Lettonia altre).
Intorno al nucleo dell’opera intima, profonda messa in scena da Lenz, ecco riapparire la Storia – perché ogni opera è fatta di Storia e questa stessa rimessa in scena segna una volontà di progredire poeticamente con la Storia.
Riannodare i fili biografici d Jackob Lenz mette in evidenza una cancellazione di una cultura europea che non deve temere solo l’arroganza russa, ma anche il nostro stesso oblio.
Oblio dell’Europa, ma non intesa come entità in un certo senso quasi “ pan-nazionalista”, ma cone come complessità e ramificazione di molte storie e molti sentieri culturali, insomma una ricchezza.
L’Europa ha molte colpe e responsabilità - la
Shoah e il colonialismo si tutti - ma come Catharina o LENZ ha avuto sempre una grande forza : contenere in sé stessa gli anticorpi dal suo stesso male.
Come la storia dell Santa che sfida il
Potere maschile della Chiesa, come di LENZ che la reinventa, come di Brecht, e poi come il Teatro LENZ Fondazione che produce questo spettacolo dal 1987 a oggi.
Ecco che nelle trame che ci portano con l’opera sia dentro la vicenda di una santa che combatte per la sua libertà e contro l’ingiustizia che opprime il suo corpo, così anche dentro la storia – e i luoghi – attraversati dal suo autore, che io vedo un’archeologia viva dell’Europa che saprà rinnovarsi, un modo di far vivere ciò che sembrava abbandonato, esattamente come la sede stessa di Lenz Fondazione, nel bellissimo complesso della ex fabbrica di confezioni alimentari della Tosi Rizzoli, fondata qui alla fine dell’800, cuore pulsante id un 900 operaio e poi abbandonata, riscattata dall’oblio da Lenz fondazione negli anni 80 e tenuto in questi decenni, in attesa del nuovo futuro, pieno di incognite e speranze come del resto la città stessa, Parma.
La Storia, come Dio, sta nei dettagli.

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