martedì 13 novembre 2018

TOMMASO PINCIO "Il dono di saper vivere" (Einaudi)



Avevo scritto la  recensione a metà libro. (1)
Poi andando avanti il libro offre sorprese. Questa è la versione ultima - il resto, lo scarto di recensione in fondo in piccolo.

Caravaggio è un “ready made” nel mercato delle mostre, è un brand. La sua riproduzione tecnica tuttavia era già cominciata con Caravaggio vivente, che autorizzava copie di sé stesso per i mercanti del suo tempo. E stupiva, provocava perché voleva farlo. L’ l'originale non è mai così dedito alla sua originarietà. Del resto come scrive Clifford, i frutti puri impazzisco.
Leggo  il nuovo libro di  Tommaso Pincio ( “Il dono di saper vivere” Einaudi ) ed è un libro bello, prezioso, come certe opere d’arte che lo diventano pur piene – ormai è un classico - di residui. Ci sono vari capitoli, fino a note e considerazioni finali, quasi piccoli racconti o saggi.
 E’ un libro che inizia, racconta una storia,  poi prende una svolta, capiamo che abbiamo letto fino ad ora un libro “abbandonato”  di Pincio (o del Narratore, è meglio dire) ma sia la Prima Voce del Malinconico protagonista, che confessava  il suo fallimento al lettore e ai muri della prigione in cui era rinchiuso per non si sa bene che reato, sia la Seconda Voce del “narratore vero” che pure ha in comune con  quel suo “non finito” personaggio molte cose, condividono un Fallimento nel nome di Caravaggio. Tutte e due le voci infatti avevano in programma un libro sul Caravaggio che resta non-finito. E la Seconda Voce riprendendo lo spunto dalla Prima Voce,  ne racconta ora la genesi, anche se è la genesi di un  “mancamento”. Poi di fatto, quel libro è QUESTO  che leggiamo,  è questo intitolato “Il dono di saper vivere” un libro con dentro molte cose su Caravaggio, è QUEL libro su Caravaggio, ma che non può non avere – per la storia narrativa di Pincio e per lo statuto di un’arte narrativa che sceglie di sottrarsi alla “maledizione di dover raccontare” – che una forma labirintica. La forma del labirinto più spietata e difficile è quella del bivio, e qui di bivii ce ne sono tanti, si intuisce la storia di un Io minimo, le sue scelte di vita, l’accademia, il lavoro a vendere telefax, la svolta della galleria, la scrittura – poi immaginato, una colpa, un reato forse un omicidio (Ma Caravaggio, artista compiuto, anche quello  lo commise davvero)

I bivii iniziano proprio  dalla via della Pallacorda,  a Roma, dove successe il fattaccio e Caravaggio assassinò il Tommasoni, una strada racconta Pincio, stranamente fatta a bivio, ovvero con una biforcazione, ma entrambi i rami della biforcazione sono registrati nella toponomastica come “via della Pallacorda”. Ed è lì che finiscono sia la Prima Voce che la Seconda Voce nelle loro vicende raccontate, a fare i mercanti d’arte. Così che nel segno di questo destino – che sarà un fallimento, sarannoentrambi pessimi mercanti  – si lega la loro vita a quella di Caravaggio, l’artista che finirà sulle banconote da centomila lire a rendere vero la realtà dell’arte che è quella dei soldi, lo era anche per Caravaggio che andrebbe sottratto alla sua mitologia romantica e pop di artista maledetto che non badava ai soldi. In qualche modo LA Seconda Voce – e dunque Tommaso Pincio lo fa. Ci parla molto di Caravaggio e facendolo parla di sé. Con mille derive, bivii, svolte inaspettate del flusso, ma con al centro una chiave che sa nel titolo.

Caravaggio (dice la Seconda Voce/Pincio, riportando il giudizio di un biografo del 600) morì male perché “non ebbe il dono di saper vivere”. Fece scelte sbagliate. A Quel bivo della Pallacorda fece la sua peggiore, che lo costrinse alla fuga. Ma era Caravaggio e restò Caravaggio, lo testimoniano le opere che dipinse pur fuggiasco.
E noi, sembra dirsi la Seconda Voce, che pure abbiamo fallito (fallito ancora, fallito meglio, alla Beckett) e non siamo diventati nulla?  non siamo Caravaggio e non siamo riusciti nemmeno a scrivere un libro su Caravaggio?

Il Narratore racconta del giorno in cui – con la testa piena di questo suo mancato-libro – trovò un libro illustrato un “Tutto Caravaggio” di quelli che si facevano negli anni 70/80, con le riproduzioni e tutto, nella spazzatura. Ready Made, un segno. E da qui inizia la riflessione, la scrittura.
La letteratura ha uno statuto speciale: a differenza della musica e della pittura che presuppongono un difficile esercizio manuale, un’abilità tecnica oltre che creativa altissima e che ha sempre costituito il filtro tra chi fosse “artista” e chi no – è un valente artista chi sa dipingere “ e bene” dice lo stesso Caravaggio – la letteratura presuppone saper fare una cosa semplice, democratica, usare le parole, che tutti usiamo e e tutti possono scrivere oggi, è  alla portata di tutti.

Per questo la letteratura è l’arte in cui “il fallimento” diventa uno dei temi centrali, quella in cui l’uomo senza qualità, il tipo anonimo di una moltitudine, può scrivere anche del suo nulla, del suo male di vivere, del suo non saper vivere bene.
 In questo regno dell’inettitudine che è la pagina, si giocano le sovrapposizioni narrative di Tommaso Pincio che svoltando sempre, apre come sua abilità e peculiarita di scrittore, nuove prospettive, è questa una delle sue capacità, una distopia che nelle sue pagine c'è  c’è sempre, distopia del senso interiore del tempo.
 E' la forma di un ‘immaginazione che sa fare del fallimento  una gloria del discontinuo e del rimando. Un esempio di saldezza mite, dentro la tempesta.

 Il libro è anche denso di molti spunti di riflessione su cosa sia l’arte, cosa sia oggi al tempo del mercato, e della massa che paga per vedere ciò che non continua non sapere e non voler sapere, accontentandosi del mito pop. Riflessioni  su che senso abbia narrare di sé stessi, su come incida l’uso dell’immediatezza social nella vita – oltre che nell’opera – di uno scrittore.

Le sovrapposizioni tra biografica e opera fanno forse della letteratura un’ ancella del racconto, un’arte servile rispetto alle arti che più immediatamente, per diretto “Eidos” dei sensi – come la pittura con le immagini o la musica coi suoni – vengono fruite “senza bisogno di capire”. Le opere letterarie vanno invece faticosamente lette così come faticosamente sono scritte. E guai – proprio perché apparentemente alla  portata di tutti – a farne una scrittura che dice cose come tutti  - e quando come tale uno scrittore si dovesse presentare (Sono Walter Siti, come tutti) ci sta dicendo – per fortuna – il contrario.
 E così la Seconda Voce/Pincio, che nella vita non riesce ad essere artista visivo, che sarà un maldestro venditore d’arte, si ritrova nella maledizione di dover raccontare e basta, e anche a non saper/ poter  raccontare l’unica cosa che potrebbe fare, ovvero raccontare a parole la vita di Caravaggio e fallire anche in quello.

Il racconto è sempre ancillare, è sempre una seconda scelta, in apparenza, anche in  questo libro sulla sconfitta della letteratura di fronte L'Arte della pittura.
Lo è  per la possibilità che ha l'arte di poter trasmettere immediatamente una logica della sensazione come scrisse Deleuze per Francis Bacon.  
E tuttavia anche l’arte del 900 con Duchamp trasformerà radicalmente lo statuto dell’opera, detronizzandola allo stesso livello “senza qualità” fino al punto di fare arte da oggetto di scarto – e facendo però di quello il più raffinato “linguaggio di scarto” dalla norma .
Tommaso Pincio costruisce così un libro con una sorta di accumulazione di detriti e di residui di storie e pensieri fino a creare un mondo interiore, un mondo altro da questo fallimento ed è questo che ci interessa.

Lo leggo, camminando e spostandomi dentro Roma, ormai sempre più decadente, in cui si accumulano altri detriti, e  immondizia. Roma città di rovine, così importante per Caravaggio, così importante per Pincio autore, in cui le rovine ci dicono una glaoria passata, ma oggi le nuove rovine, le “insta-rovine” sono i sacchi di monnezza e su quelle – come in un slum di Nairobi o in una megalopoli cinese – Cinacittà – costruire un giorno la nostra gloria futura, la monnezza è la fondamenta delle rovine del XXX secolo.
Mi chiedo, mentre leggo, se nella monnezza accumulata sotto casa mia come sotto la casa di quasi tutti romani, ci siano Ready Made pronti ad ispirare arte o letteratura.
Penso anche ai bambini che ho incontrato alla discarica di Dandora a Nairobi, e chissà se uno di loro riuscirà a tirarsi fuori da quell’universo radicale – altro che “scarto dalla norma” – magari con l’arte o la letteratura.

 In parte accade ed è accaduto – il “mercato” dell’arte da alcuni anni ha investito molto negli artisti africani e molti di loro non a caso del “panorama” di immondizia e fallimento storico hanno fatto trama, storie, opere. E gli editori europei, americani e i galleristi ci fanno i soldi. Vedi, mi dico, ha ragione PIncio,  Caravaggio sulle centomila sta nel suo luogo giusto.
Artsiti africani che “vivono male” ma in altro senso, vivono lem lae creato da altri nel loro luogo,  e da quel male ne vengono fuori grazie ai dollari. 

 Tuttavia anche nel raccontare più di un fallimento e più di un bivio mal scelto, il libro di Tommaso Pincio apre (come sa fare la vera letteratura, l’arte) innumerevoli spazi di possibilità, li apre all’immaginazione, alla scelta. Quando Kant scrisse l’Estetica e la intitolò “Critica del Giudizio” lo fece non per dare norme, ma per dirci – in sostanza – che l’arte è ciò che ci mette in contatto  con le condizioni di possibilità del nostro stesso dare giudizi. L’arte non è morale, al contrario, la smonta  – e però nel sottrarsi a tutte le norme, alla fine accompagna noi nell’eserizio più difficile, conoscere,  ci porta in un'aleatorietà proficua, a immaginare d'essere cosa non sappiamo   o là dove non conosciamo, ci porta a spostare in avanti il giudizio al punto tale che poi arriviamo a scegliere, davanti a un bivio, davanti a ciò che non sappiamo.

 Il bivio della Via della pallacorda, delle scelte di Caravaggio, il bivio delle decisioni o delle decisioni subite, dalle varie voci di questo libro (compresa quella di arrivare a scrivere un libro sul Caravaggio perché “lo dicono tutti che lo scriverai” e a quel punto le Voci, i Protagonisti, quasi si arrendono a questo ineluttabile del destino) sono le materie di questo libro.
 Il linguaggio è la differenza al lavoro, è il bivio tra inferenza e differenza, è la “differanza”, quella serie di linee in cui la nostra vita differisce le sue cose nel tempo, rimanda, sposta, non compie. E in questo non-fatto, non accaduto, non compiuto, misuriamo sempre la nostra stessa vita, come differente-da (innanzitutto da quel che sarebbe potuto accadere)

Se c’è un testo che sa essere più vicino alla logica della sensazione, per me è la poesia e i romanzi di Tommaso Pincio.  La poesia di Pincio accumula e smonta, genera una diversa logica degli eventi, delle molte cose che accadono, sorelle anche delle mote altre che rimangono inespresse. A volte un ‘opera visiva, il cinema con i suoi tempi e piani temporali sovrapposti, riscono a farlo, a volte anche certe narrazni che si sottraggono alla sua logica più facile e al suo commercio più banale, per poi rientrarci portando il valore di contropelo della Storia. Picio lo fa col nostro presente, ma per fortuna non gettando il moscritto in un sacco di monnezza romana, ma pubblicandolo da Einaudi per diciassette euro e cinquanta centesimi, pagabili con banconote e monete dove non ci sono più artisti ritratti, ma architetture. E avvertendoci del pericolo di questa nuova economia senza ritratti, e dunque senza volto, come gli assassini.










(1)
Sono a metà di questo libro di Tommaso Pincio e un romanzo che intanto come sempre si segnala per una qualità di scrittura che ancora non saprei definire un ma mi sembra che in questo caso l'abilità sia nella come in altri costruzione del suo tono ma ci vorrei tornare mi sembra un libro un quasi consorte libro sull'arte è una riflessione sull'arte di essere se stessi Sui rischi dell'artificialità essere se stessi infatti il tono di scrittura che Tommaso Pincio costruisce e in maniera inquietante artificiale a qualcosa di artificiale come se ci fossimo Matt traduzione di se stesso una traduzione da un italiano diretto e contemporaneo verso un italiano che sembra quasi respirare le prose delle vite degli artisti in cui viene raccontata anche tra le altre cose della vita di Caravaggio che ogni tanto appaiono come frammenti di citazione in sé questa è la storia di una Belle biforcazione della vita e di come queste non sono andate a buon fine lo sappiamo dall'inizio perché quest'uomo che racconta racconta da una lunga detenzione in carcere ancora non so che cosa abbia commesso sono a metà di certo so che nella sua vita avrebbe voluto fare l'artista avrebbe voluto scrivere un libro su Caravaggio a rimediato un lavoro giovanile come venditore di telefax quindi qualcosa che si è esaurito anche nel tempo un passato ormai quasi da modernariato Finito a lavorare in una galleria d'arte non ha fatto l'artista pure avendo studiato accademia non ha scritto il libro su Caravaggio per l'appunto ma con Caravaggio condivide una cosa e cioè il dono di non saper vivere anche Caravaggio era una persona che probabilmente vivendo a vissuto male come scrivono i suoi biografi è finito anche male come. Sottolinea il suo biografo il suo lo scrittore del tempo un mese e però ascolta fatto grandi capolavori fatto grandi capolavori in cui qua e là accettato se stesso come Autoritratto cioè si è messo nel ritratto ad esempio della baracchino malato da giovane si è messo il ritratto di Davide e Golia e nel ritratto della testa del gigante e ma non si è mai fatto un vero auto ritratto il ritratto che noi conosciamo di Caravaggio che poi è finito anche sulla sul denaro sulle 100.000 lire è un ritratto che ti ha fatto a posteriori un bravissimo ritrattista delle E che era specializzato. Nel ritrarre volti degli artisti e dei personaggi e quindi non è finito e definito sui soldi che sono tra l'altro la merce in cura dell'arte quindi più grande artista italiano sta sulla banconota più costosa più più importante sul pezzo più importante delle banconote italiane e questo già prefigura qualcosa che forse verrà sviluppato che libro che era ancora devo finire c'è una differenza però che apparivi dente che l'hai il dono di non saper vivere o meglio l'incapacità di avere Questa vita positiva non hai impedito a Caravaggio di essere il più grande artista della sua epoca e propriamente uno dei più grandi tutta vita di tutti tempi mentre invece la incapacità di vivere del nostro personaggio non l'ho fatto diventare un artista pur tuttavia la letteratura invece è questa possibilità che viene data anche agli netti e ai falliti di poter raccontare il proprio fallimento c'è qualcosa di impotente nella letteratura rispetto all'arte ed è esattamente l'impotenza e la Mino Rita Che ne fa però la parte più democratica come dice un certo punto Tommaso Pincio il suo personaggio chiunque può fare di se stesso uno scrittore effettivamente anche un po' quello che sta succedendo adesso c'è una proliferazione enorme di romanzi non solo c'è una proliferazione enorme di scritture di sì basti pensare. I socia al ognuno scrive con i socia al con gli status con le foto con Instagram un infinito micro romanzo micro narrazione diFatto per micro frammenti costruendo un personaggio di se stesso e dunque di questo anche ci dice qualcosa il romanzo con le stendo romanzo in cui poi la scrittura nonostante questo passaggio di artificialità lo ha proprio attraverso la prosa rivela che di sicuro c'è una differenza tra pochi e molti e quella che hai il dono di saper scrivere che a sua volta è un'arte è un'arte esattamente difficile come la pittura ed è questo un po' di equivoco l'equivoco e la incapacità di passare attraverso la forma Che hanno la gran parte degli scrittori narratori poeti di oggi l'incapacità di far passare attraverso un'elaborazione della forma il proprio racconto di sé e si pensa che basta mettere il racconto di sé la pasta fare il proprio autoritratto vede subito arte non è così anche nel raccontare la vita minima il proprio fallimento la propria crepuscolare esistenza ci vuole un'arte questo libro a qualcosa che mi ricorda Beckett mi ricorda la posa di dell'acqua per questo questo personaggio nudo nella cellaMi ricordi i personaggi di Beckett sono così parlano monologando da una posizione un po' quasi fetale e parlo al muro mi ricorda il fatto che Beckett e si era fatto costruire una villa nelle campagne francesi molto belle dove però davanti alla propria finestra davanti alla propria stanza dove scriveva aveva fatto sollevare il muro della recinzione fino al punto di non vedere se non il muro che lui doveva scrivere al muro quindi a qualcosa di questa radicalità di questo racconto che deve farsi per forza radicale e lo si fa radicale non tanto della eccezionalità degli eventi che fa a raccontare quanto nella radicalità della Polly Azione che assume attraverso la scrittura cioè è la forma poi della prosa come appunto accade in back da questa progressiva Questa progressiva solidificazione è quasi fosse una a una lava che poi si ferma diventa pietra ecco pian piano la prosa diventa questo la forma della scrittura deve diventare questo e dell'impressione come se finora. Cosa arrivato questo stia progressivamente avvenendo anche se non me le maniere radicali beckettiano e c'è più medico di questa posizione perché poi Tommaso Pincio la sua poetica e di questo poi parleremo parlerò quando avrò finito il libro

In realtà poi accade qualcosa in questo libro c'è anche qua una svolta bivio una Y il libro prende improvvisamente un'altra piega ed è il vero colpo di genio è un vero colpo di creazione di una forma attraverso la dislocazione degli elementi narrativi che proprio in questa organizzazione e mostrano anche propri senso del libro è un libro post moderno potremmo anche dire se Dovessimo usare una categoria con la svolta avviene e avviene sempre intorno a una ragione profonda per cui bisogna scrivere il il male di vivere di Caravaggio non gli ha impedito anzi forse l'ho aiutato a creare perché la pittura questa potenza di essere immediata questa capacità di poter tradurre in immediatezza un elemento di un assoluto e anche assoluto Precipizio e poi c'è un elemento che alla pittura che il la scrittura normale questa abilità l'abilità di creare la luce di Caravaggio fa sì che nessun pittore sprovveduto che nessun uomo qualunque che nessun uomo senza qualità di pittore nessun pittore senza qualità possa mai dipingere quei quadri mentre invece anche un uomo senza qualità può raccontare e questa la maledizione del racconto il fatto di da un lato il fatto di poter Essere la Mauser poter dire a la Mauser e al tempo stesso però è come se quella musica non fosse mai visualizzata rappresentato non solo chiunque potrebbe scambiare la propria il proprio mal di pancia narcisistico per una nausea universale come quella di cui raccontava Jean-Paul Sartre e è un libro che il protagonista del Libro di Tommaso Pincio lascia a pagina 92 da pagina 92 riprende e casualmente questo libro il dono di saper vivere proprio a pagina 92 rivela la sua chiave di lettura rivela che la voce del libro stessa di cui abbiamo detto è cambiata che il dottore sta e come lo spettatore dentro un cinema dove si possono proiettare storia di ogni genere E deve avere solo la curiosità di sapere come va a finire il libro come il film e forse la letteratura qui rivela allora la sua capacità che quella novecentesca di aver messo in discussione lo stesso linguaggio che sta usando per rappresentare per raccontare ed è grazie a questa capacità che fu del pensiero Di Nietzsche e di Freud poi continuato da la canna Heidegger e tanti altri proprio grazie a questa capacità del linguaggio di arrivare al fondo di se stesso e di uscir neanche che può Come in brodo e Danny rose il protagonista esce dalla pellicola come in effetto notte il film è girato su un film così appunto il come dell'US dell'ultimo nastro di Clap Clap stesso riascoltare i nastri della sua gioventù me il testo è un po' tutte due le cose ma insomma i romanzi Tommaso Pincio esce da se stesso ed entra nella dimensione di chi scrive del fallimento di un libro Fallimento di un libro dovuto all'incapacità di avere il dono di saper vivere a Caravaggio non avrebbe mai dipinto che dovrebbe mai potuto dipingere questa ombra di se Caravaggio. Alla luce la scrittura. All'ombra nei quadri Caravaggio e l'ombra certamente c'è le ombre ci sono e contrastano ma la sua capacità estrema e quella di inventare se Mettere una luce che sembra impossibile che lo ombra resto buio nella scrittura l'ombra parla a pagina 92 la svolta del libro di Tommaso Pincio s'e nella voce forse stavolta proprio di Tommaso Pincio anche se non si mette per iscritto il nome stavolta la voce Lascia sulla tavola della pagina i segni dell'ombra Pazza Tura che dovrebbe diventare il segno di una scrittura che ancora non nasce ma che prima ancora di nascere diventa nel gesto del protagonista già racconto collettivo già si consegna a quel che sta divorando il romanzo la narrazione e contemporanea ovvero i socia al network perché il protagonista quando incontra questo segno di cui non dovrebbe fidarsi secondo quanto detto nelle ultime battute del romanzo fallito quando incontra questo segno lo fotografa e lo pubblica su Instagram Poi manda la sua gente come dire qualcosa mi dice che devo scrivere questo libro su Caravaggio dice la voce la nuova voce che allo stesso sogno mancato per il momento della voce precedente nella prima parte del libro che è il libro fallito dal protagonista di questo romanzo che non è quello della prima parte è quello della seconda So che è molto complicato ma esattamente anche quello da cui c'è abituato all'arte contemporanea da Dio Shampoo in poi prendere un cesso metterlo in una mostra o in un museo chiamarlo fontana e sconvolgere la logica con un gioco Con lo scacco a quello che da sempre considerato essere il rapporto semplice tra significato significante e così anche la narrativa può fare narrativi Tommaso Pincio fa questo nell'organizzare i materiali raccontati apparentemente con materiali di scarto sta costruendo un inedito museo dicessi a concepire racconti dove il piano della realtà si confonde con quello della finzione è un gioco molto pericoloso rischioso a spingerlo troppo Oltre si finisce come niente in uno stato prossimo alla follia in cui due mondi sembrano sfuggire al controllo del narratore per comunicare tra loro e come fossero attività pensanti autonome e mossa da uno scopo preciso quasi malefico danno l'impressione di passarsi informazioni di nascosto e scambiarsi ruoli Eppure è così che pian piano prende forma il libro su Caravaggio prende piano prende forma attraverso questa composizione di fallim

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