giovedì 4 maggio 2023

"Lazarus" da David Bowie a Manuel Agnelli: l'opera-rock e una possibile nuova via del teatro

 Ho visto “Lazarus” di David Bowie nella versione diretta da Walter Malosti (che lo ha fortemente voluto  nel cartellone come direttore artistico di ERT e anche tradotto) con Manuel Agnelli e Casadilego come protagonisti principali, visto all’Arena del Sole di Bologna (foto nel post di Fabio Lovino).

 A me è piaciuto, anche partendo da qualche suo limite (inevitabile) è un connubio teatro-rock che può dare i suoi frutti, perché porta un’opera che mescola i generi (rock, recitazione, danza, videoarte) in una dimensione puramente teatrale, che  non è un “musical” come lo intendono gli italiani (tendenzialmente  melodico-romanticheggiante) . 

Ultimo disco “concept” di David Bowie e poi ultimo suo lavoro fatto insieme al drammaturgo Edna Walsh, terminato poco prima di morire nel 2016.  Il cantante aveva ripreso il personaggio che aveva interpretato nel ’76 nel film di Nicolas Roegg e tratto dal romanzo “L’uomo che cadde sulla terra”  di Walter Tevis. “Lazarus” sarà ancora in scena  per alcune settimane, fino al 14 maggio al Teatro di Napoli, dal 18 maggio al LAc di Lugano, dal 23 a Milano al Piccolo, dal 6 Giugno al Carignano di Torino) 

Uno Spettacolo con due cantanti famosi, attori, danzatori, sette musicisti, un apparato tecnologico importante, questo spiga una produzione di più soggetti  ERT - Emilia Romagna Teatro Fondazione   Teatro Stabile Torino   Teatro di Napoli  LAC - Lugano Arte Cultura  Teatro Argentina - Teatro di Roma 

Dunque è sempre Thomas Jerome Newton, l’extraterrestre caduto, che è rimasto sulla terra, nomade ormai malinconico, chiuso in un suo castello mentale e materiale, rievoca il passato attraverso la TV, capta visioni del futuro generate dalla sua mente e adesso,  a fine vita, beve solo gin e vorrebbe tornarsene in cielo, qualsiasi cosa questo voglia dire.

Ad interpretarlo un grande Manuel Agnelli, perfetto perché (dato che la musica è la gran parte dell’opera) non imita, ma “esegue” Bowie, lo fa suo conservandone lo spirito,  e  cantandolo con lo stile di Agnelli, portando il Duca Bianco sui toni di un rock più energico e in qualche modo profondo, dark,  ma a volte rallentando, approfondendolo, come la bellissima “Heroes”, lenta e commovente. 

 Complici anche le musiche  magistralmente riarrangiate, con progetto sonoro di GUP Alcaro e un gruppo di musicisti davvero bravi (citiamoli :  Laura Agnusdei, Ramon Moro  – loro super bravi, le  tessiture di sax e tromba sono un arabesco che disegna la dimensione visionaria e accorata, con incursioni jazz,  - Jacopo Battaglia, Ramon Moro, Amedeo Perri, Giacomo ‘Rost’ Rossetti, Stefano Pilia, Paolo Spaccamonti che hanno tenuto dentro un arco richiamava anche toni alla Joy Division e  Morphine )   


Notevole anche le interpretazioni musicali di Casadilego,  che ha il ruolo di una sorta di Ariel, una creatura mentale, ma anche fantasma, una fata o qualcosa del genere che dovrà aiutare Newton nel suo sogno di dipartita dalla terra. Tra le  altre canzoni, la vincitrice di Xfactor interpreta una versione di “Life on Mars” da brividi.  Sia la giovanissima cantante e polistrumentista,   che Manuel Agnelli sono alla loro prima prova come attori nella parti recitate. Dunque partendo da questo iniziale limite, va detto che il risultato lo portano a casa.

Lazarus non può essere giudicato strettamente come la gran parte degli spettacoli teatrali  – come detto,  la recitazione non è centrale - né il pezzo forte - lo stesso testo, per quanto ci sia Walsh, forse risente di una volontà della star di scriverlo in quel modo, che è però un po’ fragile, a volte sconnesso dal punto di vista drammaturgico, nei dialoghi, ecc. 

Nemmeno può essere giudicato come un musical o un concerto, non è  un live-cover tipo “Manuel Agnelli meets Bowie” perché la sfida è farlo stare dentro una dimensione teatrale sebbene rompa molti schemi dei canoni teatrali (ma avvalendosi di tutta la ricchezza scenica di ricerca).

 Si può definire un’opera rock, o teatro totale,  ha il sapore di lavori come “Tommy” di The Who o “The Wall” dei Pink Floyd, ma qui né cinema, né megapalchi,  anzi scrivendolo Bowie con Edna Walsh pensavano proprio al teatro dove, per dirla tradizionalmente, si fa “la prosa”. Un’ opera-rock poco praticata  in Italia (il musical anglosassone, visti gli esempi che facevamo dagli anni 70 ha più familiarità con il genere, sebbene l’Italia possa vantare la prima opera-rock a teatro, al Piper di Roma nel 1970 con Tito Schipa jr.). Per noi, il musical è fondamentalmente figlio dell’operetta e della rivista in chiave pop-canzonetta.

 I fan della musica tuttavia non resteranno delusi, anzi, il lato musicale è fondamentale e il risultato davvero notevole ( Malosti ha scelto di lasciare ad Agnelli anche la possibilità di cantare col microfono, asta compresa, perché questo gli restituisce sul palco identità, familiarità e la gestualità sua propria).

 Anzi, in certi momenti in cui, per esigenze di copione, Agnelli canta sdraiato, mette in mostra tutte le sue doti vocali davvero eccellenti,  cosa nota,  per chi ha seguito al sua storia con gli Afterhours.

 “Lazarus” va visto dunque come un esperimento tra due mondi artistici, musica rock e dramma, con  la danza, le arti visive. Il mélange onirico pensato da Bowie prende corpo  nelle invenzioni fantasiose e hi-tech  tra metaverso-e sci-fi ( buone le scene di   Nicolas Bovey, soprattutto la piattaforma-vinile rotante che dà movimento ad una storia altrimenti statica e tutta mentale, scena che avrebbe meritato palchi più grandi, insieme alle realizzazioni molto belle di  fantasmagorie digitali di Luca Brinchi e Daniele Spanò).

Da segnalare anche l’apporto danza della bravissima performer Manuela Lucenti (meno convincente, tuttavia, quando recita, ma forse qui per la scelta di sovraccaricare anche di un tensione nervosa corporale alla Mejerchol'd i suoi dialoghi)  e che dà prova anche di grande vocalità, interpretando “Change”.

Per quanto imperfetto, il testo di Bowie offre spunti,  parla di temi importanti, che spesso Bowie ha trattato ( con  propensione all’immaginario stellare o interplanetario ) lui stesso artista totale che si è misurato con varie arti.  La scrittura di Lazarus è semplice, guarda magari forse  a certo cinema o meglio ancora alle atmosfere del fumetto d’arte (viene in mente per affinità siderali, il mitico “Eternauta”  di  Oesterheld e Solano López per dire) o un mondo  fantasy (ho sentito in radio una lettura di Lazarus fatta da Casadilego che aveva una prospettiva da ventenne che io non ho, molto interessante)

  Forse, e forse per fare un paragone, “Lazarus” nel mondo teatrale può essere una presenza “extraterrestre” analogamente  come lo fu, qualche anno fa,  la “Graphic Novel” nel mondo della narrativa (ricordiamo  l’irruzione di Zerocalcare, considerato nel mondo editoriale italiano  – tanto per stare sempre in tema -  in un primo tempo l’alieno, il fenomeno).

Per questo pur va sicuramente guardato il lato positivo:  Lazarus – oltre che il godimento di grande musica e ottime interpretazioni – per il mondo-teatro si può considerare come un apripista, per incrementare questo tipo di progetti, senza che tolgano spazio all’humus del teatro, al suo bacino di artisti, compagnia e opere teatrali. Magari ripensando alla progettualità di finanziamento-sponsorizzazione, mescolando fondi privati e pubblici, senza snaturare il compito dei teatri di variare nei cartelloni (sarebbe facile e certo attrattivo, mettere in scena ter mesi di seguito una rock star, ma cambierebbe la natura del teatro) specie per le istituzioni nazionali, senza intaccare i bilanci, già penalizzati da tagli. E forse, ultima nota, può essere un’idea anche per il mondo del rock pensare ad un modo diverso di performare, che non sia solo gli stage di palazzetti et similia, una terza vi tra l’esibizione unplugged nei teatri e la gig-show tradizionale.

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